venerdì 26 luglio 2013

Il community manager, storyteller transazionale (seconda parte)



La prima fase del lavoro del community manager come storyteller transazionale, si svolge nella disposizione psicologica razionale tra il community stesso e i suoi potenziali target.

Il monitoraggio degli spazi di aggregazione tra le persone sul web infatti, è utile per individuare i posti in cui vengono espresse con più frequenza le opinioni intorno al brand.
La partecipazione al sentiment delle persone da parte del community manager, avviene al livello di riflessione, dato che l’indagine sui social media si sviluppa come un ascolto.

È una fase di lavoro razionale e spassionata, in cui il community manager assume una natura narrante di storyteller transazionale molto particolare.

In prima battuta, il community manager individua sui social network gli argomenti di discussione pertinenti, servendosi – nei luoghi adeguati – di keyword, hashtag e feed.
La profilazione della tipologia di utenti che, in percentuale, costituiscono la fetta preponderante del target, gli consente di capire le caratteristiche psicologiche da questo possedute.

Il tono delle conversazioni infatti costituisce la componente pienamente umana dei discorsi, e solo un altro essere umano può valutarli con adeguata precisione.
Ancora nel momento dell’ascolto, egli individua gli influencer, che, grazie al loro carisma, traggono a sé il resto della community.

Con questi, il community manager avvierà un rapporto di Digital PR, cercando prima di tutto di convincerli con argomenti ponderati e dopo aver pianificato gli strumenti e i modi per conversare della bontà del marchio e della sua opportuna esistenza sul mercato.

Le manovre per veicolare un messaggio corposo e che acquisti sempre maggior senso agli occhi degli influencer, e di rimando a quelli del resto della popolazione sul web, devono esplicarsi in forma di piano strategico su diversi strumenti.

Stabilendo transazioni di tipo lineare sul genere Adulto-Adulto, il community manager fa in modo che si sedimenti nella mente del target una percezione positiva delle conversazioni di taglio informativo avute sul web, per il fatto di aver dispensato indicazioni vantaggiose ai componenti della community.

Utilizzando come base il sito internet (e trasferendo le azioni complementari sui social media e sui supporti mobile) il community manager deve far nascere un robusto chiacchiericcio, il cosiddetto buzz, funzionale al rafforzamento della reputazione del marchio.

L’impegno messo da parte del community manager per dimostrarsi all’altezza delle aspettative degli utenti, e il valore che ha aggiunto alle loro relazioni online, fa salire il loro apprezzamento del brand, e viene percepito dagli stessi come una crescita consequenziale di una parte della loro vita sul web.

Qui trovi la prima parte dell'articolo.




Un guest post di Marco Gabrielli (1981) che si occupa di storytelling e social media marketing ed è stato mio allievo in due differenti Business school.

Attualmente, lavora come Seo Copywriter presso una delle maggiori web agency italiane.


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